Peschiera del Garda, il sale, il commercio ittico.

Peschiera del Garda, il sale, il commercio ittico.
Buon Santo Stefano e tutti voi…
Abbiamo passato le feste tra pranzi e cene…ma durante i giorni di magro e durante le vigilie, cosa mangiava la povera gente che viveva sul Garda?
Per il fatto che i precetti della chiesa erano molto sentiti una volta e rispettati, anche per il timore delle conseguenze nell’infrangerli, il pasto di magro, che occupava ben 140/160 gg all’anno, era davvero qualcosa che impattava non poco la quotidianità, soprattutto di coloro che già facevano fatica a sfamarsi nei restanti giorni.
A partire dal IX – X sec il pesce fu ammesso come cibo di magro, prima considerato grasso alla stregua della carne, quindi vietato.
Da allora l’aumento della richiesta di pesce ovviamente aumentò, indirizzandosi per la quasi totalità sul pesce di acqua dolce, più facile da reperire rispetto quello di mare, meno dispendioso per il trasporto e la sua conservazione perché pescato nei fiumi e laghi più prossimi ai punti di vendita e alle grandi città.
Pensiamo alla collocazione del Lago di Garda, rappresentava un enorme vivaio di pesce tra le grandi città limitrofe quali Verona, Brescia, Trento e Mantova.
Ma non solo.
Per esempio nel 1424 il mercante milanese Donato Ferrario acquistò, da alcuni arilicensi alle peschiere di Peschiera, ben 5 tonnellate di Anguille, già salate, da vendere al mercato milanese alla vigilia della quaresima.
Le pagò 1692 lire compresa la spedizione (220 lire) e ne ricavò in un attimo 1798, guadagnando ben 105 lire nette.
Già nel ‘400 il pesce gardesano era quindi rinomato oltre territorio, tant’è che giusto per fare un altro esempio, Isabella d’Este commissionò, per la vigilia di Natale del 1490, presso la corte degli Estensi di Ferrara, 30 tra Carpioni e Trote Lacustri e 200 sardelle, nonostante la città di Ferrara fosse distante pochi chilometri da Comacchio che, per inciso, forniva con le sue saline il sale attraverso le comunicazioni fluviali dal mare al Lago di Garda fino a Peschiera.
Questo per raccontare il ruolo ma soprattutto il valore che ricopriva il pesce gardesano.
Credo ci sia da ragionare seriamente rispetto la mia proposta di fregiare il pesce del Garda di un marchio unico di eccellenza, riducendo la quantità di prelievo per prediligere la qualità. Proposta che ho ripreso dall’ittiologo Enzo Oppi.
Per l’eccellenza però serve una filiera corta di qualità, di conservazione e soprattutto di lavorazione, tutela e mantenimento che innescherà anche una maggiore attenzione al miglioramento delle qualità idriche e dell’habitat, oltre ad una ricaduta positiva sulla promozione turistica.
L’ottenimento di un fregio/marchio di qualità, a mio modo di vedere, non farebbe nient’altro che ripercorrere un millennio di storia gardesana che proprio il suo pesce ha tracciato, riconsegnandogli le dignità perduta.
In foto una antica salina di Comacchio.
Da queste zone partivano le navi alla volta di Peschiera del Garda con il sale che serviva poi per la conservazione del pesce.
Una visita al Delta del Po e Comacchio è certamente una bellissima occasione per arricchirsi di Cultura dell’Acqua. #contrattodilagodelgarda