+0,034°/anno, lo spettro a lungo termine per il Garda

+0,034°/anno, lo spettro a lungo termine per il Garda
+0,034°.
E’ questo l’aumento medio annuo della temperatura dell’acqua nell’ipolimnio, misurato da ARPAV, fino alle massime profondità del Lago di Garda.
L’ipolimnio è proprio la regione più profonda di un lago, in cui si assestano le temperature più basse dello stesso.
Sembra poco questo +0,034°, ma è un dato preoccupante e indicativo per la salute (futura) del Lago, in quanto indica concretamente una cosa: l’effetto del “riscaldamento globale”.
Ammetto tranquillamente di non avere le consocenze adeguate per trattare questo argomento (riscaldamento globale), per questo non ne scrivo.
E’ la comunità scientifica e la politica internazionale che se ne occupano.
Quello che concretamente possiamo fare sul Lago di Garda è lavorare per il mantenimento della qualità delle acque.
Come?
Seguendo il Contratto di Lago, facendo quindi in modo che la qualità dell’acqua e il rispettivo habitat, siano tutelati.
Perchè?
Perchè il graduale riscaldamento del Garda porterà inevitabilmente alla compromissione qualitativa del suo corpo idrico, attraverso una tendenza all’eutrofizzazione.
Per questo le azioni in grado di mitigare il deterioramento idrico sono e saranno importanti…almeno per rallentare tale fenomeno che, per fortuna, non sarà veloce.
Queste mitigazioni possono avvenire attraverso azioni serie e lungimiranti, tra l’altro alcune già intraprese.
Parlo quindi del rifacimento del nuovo sistema di collettazione, il controllo degli scarichi abusivi (diretti ed indiretti) contestualmente al loro ripristino nella rete fognaria.
Parlo della norma sulla sanificazione carene e motori (già discussa in II° Commissione in Regione Veneto) che garantirà uno stop alle immissioni di specie aliene, potenzialmente invasive, a garanzia dell’equilibrio dell’ecosistema e della biodiversità, in aggiunta al divieto di circolazione per i vecchi motori marini a due tempi (in discussione nel nuovo regolamento della navigazione), oltre alla rinaturalizzazione dei litorali e dei canneti (come da progetto aggiudicato con il Bando Habitat 2022), ecc…
Ci sarebbero anche altre azioni altrettanto utili per la salvaguardia della qualità delle acque, come l’utilizzo di modalità biologiche nella coltivazione agricola all’interno di tutto il bacino idrografico gardesano.
Questo assicurerebbe una minor immissione di prodotti chimici ad uso agricolo nel bacino gardesano, per effetto del trasporto veicolato degli affluenti.
Anche la riduzione del traffico stradale ridurrebbe l’apporto a Lago, per effetto del dilavamento, di agenti inquinati che si accumulano sul manto stradale.
Ottimo quindi il progetto interregionale della Ciclabile del Garda che, se sviluppato rinaturalizzando tratti di ciclabile storicamente compromessi, avrà il doppio risultato di togliere parte del traffico veicolare dalle gardesane (occidentale e orientale), rignerando parte dell’habitat, utile al mantenimentro in salute dell’ecosistema gardesano.
Anche il risparmio idrico, oltre alla qualità dello stesso, è un’azione importante, su cui possiamo agire direttamente.
Il basso livello attuale, infatti, è un fenomeno che il Garda conosce bene.
Nel 2003 e 2007, dati alla mano, fu addirittura peggio.
Questa afferazione non vuole sminuire il problema odierno, assoltamente, ma piuttosto sottolineare come oggi si sia agito, rispetto il passato, risparmiando acqua in un’ottica di equilibrio tra monte e valle.
Come ho già dichiarato nelle sedi opportune, abbiamo il dovere, alla luce di quanto scritto sopra, di rivedere il “voto n°55 del 1965” del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e tutto ciò che ne discende in materia di regolazione dei livelli del Lago di Garda.
Infatti, dopo la costruzione dell’Edificio Regolatore del Lago di Garda (diga di Salionze) a fine anni ’50, si decise di regimentare, con una tabella specifica, quanta acqua potesse uscire dal Garda, specificando quanti metri cubi era possibile derivare e in che stagione, fissando limiti di massimo e minino invaso, appunto il voto n°55 del 1965.
Sono ormai passati 60 anni, l’ambiente non è più quello di 60 anni fa, come non lo è il turismo (allora agli albori), il Lago, il settore agro-alimentare e nemmemo la società civile.
Va rivisto tutto, alla luce di principii come: tutela, risparmio, equilibrio e mitigazione ambientale e va fatto nel rispetto di tutti gli usi plurimi; l’acqua infatti è di tutti.
Quest’anno il Garda ha sofferto e tutt’ora soffre, ma la situazione attuale, seppur critica, rappresenta a mio parere un “mezzo miracolo”…poteva essere molto ma molto peggiore, se non vi fosse stata la volontà di guardare ben oltre i diritti concessori di derivazione idrica, guardando quindi oltre la 55 del ’65.
Se non fosse stato così oggi saremo certamente ben sotto lo zero idrometrico.
Questo passaggio non è stato ancora ben compreso mi pare.
Solo lavorando insieme (monte e valle), con il rispetto reciproco già dimostrato durante la crisi idrica di quest’anno, potremo affrontare in modo vincente tali sfide, che gli autorevoli studi Eulakes sui cambiamenti climatici, tra l’altro specifici per il Lago di Garda, ci indicano tanto chiaramente.

In foto sotto due prospettive dell’inizio del Fiume Mincio, unico emissario del Garda e quindi unica via per la regolazione dei livelli idrici, attraverso l’Edificio Regolatore (diga) posto 5 km più a sud e l’Isola di San Biagio, durante la crisi idrica odierna, in copertina. Credits ph. Franco Lanfredi