Cosa si intende per “crisi idrica” quando si parla del Lago di Garda?

Cosa si intende per “crisi idrica” quando si parla del Lago di Garda?

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Dopo che da anni seguo e studio le questioni tecnico/politiche legate al Lago di Garda, mi rendo ultimamente conto come la siccità abbia prodotto una tale mole di servizi TV e giornalistici, da poter innescare assuefazione e disinteresse verso determinate notizie o situazioni, distogliendo magari l’attenzione verso i veri problemi e le possibili soluzioni.
Nei miei articoli e post ho sempre tenuto il timone su una rotta sicura e soprattutto rispettosa, ovvero quella generata dai dati, evidenze scientifiche e progetti, con lo scopo di ricondurre notizie, spesso “eccessivamente sensazionalistiche”, verso una dimensione più comprensibile e reale.
Il Lago di Garda ha quanto mai bisogno di comprensione dei suoi equilibri.
Alcuni nodi sono infatti ormai arrivati al pettine…
Provo a ricondurre tutte le notizie sulla siccità ad un concetto di base, ovvero che il Lago non è realmente in crisi; se mai è in deficit il volume idrico disponibile su cui, per convenzione, facciamo affidamento per garantire tutti gli usi plurimi delle acque gardesane, che è diverso dal dire che il Lago è in crisi o asciutto…come letto in alcuni titoli di giornale.
Con una profondità media di 136 metri e una massima di 346, non sono gli odierni 70-80 cm in meno a rappresentare un valore di crisi per il sistema naturale del Lago.
Certo che se il ragionamento resta sempre all’interno della disponibilità idrica sancita dal voto n°55 del 1965, in cui al Garda sono state assegnate quote di utilizzo idrico che variano da un minimo di + 15 cm ad un massimo di +140 cm sopra lo zero idrometrico, capite bene che allora i +46 cm di oggi, in effetti, rappresentano più il fondo della bottiglia che il suo colmo.
Ma il Lago di Garda è ben altro che una misurazione tra sopra e sotto lo zero idrometrico e tutte le attenzioni non possono essere ricondotte solo su questa fascia di altezza di poco più di un metro di livello…ce ne sono altri 135 di metri mediamente da considerare e rispettare.
Certo, sui valori sopra riportati (in questa fascia diciamo), sono stati costruiti, purtroppo non sempre a dir il vero, porti, lungolaghi, pontili, prese a lago, darsene, ecc…e sempre da quei valori, sono state definite le quote idriche da usare in agricoltura, a seconda della stagionalità e disponibilità.
Inoltre, le centrali idroelettriche, per funzionare, hanno bisogno di acqua e non sempre questa potrebbe essere disponibile in volumi idonei, rappresentando un’altro fattore da considerare per le centrali esistenti e soprattutto per quelle future.
Insomma, in estrema sintesi, questi valori (+140/+15) rappresentano solo quella parte che vorremmo gestire dal Garda, ma non lo rappresentano nella sua integrità e complessità.
La realtà dei fatti è che oggi siamo in apprensione e si moltiplicano servizi TV e giornalistici, anche internazionali, perché abbiamo sempre dato l’acqua per scontata, considerandola inesauribile e sempre disponibile.
Mai come in questi ultimi due anni abbiamo capito che NON è così.
Ritorneranno periodi anche di abbondanza magari, ma probabilmente in percentuale sempre minore.
Voglio però vedere il lato positivo di questa situazione, perché c’è e sarebbe un’occasione persa non ragionarci sopra.
La siccità terminerà, non posso sapere quando, ma il Garda tornerà prima o poi a livelli idrici nella norma…è già successo altre volte che si risollevasse da situazioni simili, nel 1922 e 2002, per esempio.
Nel frattempo le necessità attuali e la “paura” aguzzano l’ingegno, o almeno dovrebbero farlo, stimolando anche i più dormienti rispetto la necessità di rivedere un po’ tutto il modo di consumare e gestire l’acqua.
Il comparto agroalimentare mantovano, che dipende dalle acque del Garda utilizza, fonte AIPO, un volume stimato in 900.000.000 di m3 di acqua all’anno.
Questo volume può spaventare…si fa pure fatica a “visualizzarlo”.
Non va però visto come un blocco unico di acqua che scompare all’istante dal Lago, ma come un continuo uso e deflusso, H24, principalmente diluito tra aprile e settembre, tra apporti meteorici, da disgelo, ecc…
Alla conferenza per i cento anni delle bonifiche, organizzata a Mantova presso Palazzo Ducale, ho potuto ascoltare un interessante intervento del prof. Gandolfi dell’Università di Milano, che ha presentato alcuni risultati di ricerche e test effettuati per il miglioramento dell’utilizzo idrico in agricoltura.
La sua esposizione ha reso noto come esistano azioni, realizzabili già a stretto giro, poco dispendiose e che non necessitano di infrastrutture o grandi cambiamenti di sistema, in grado di far risparmiare acqua, pur mantenendo le stesse colture e le stesse modalità irrigue odierne (anche a scorrimento).
Quest’ultimo metodo poi, spesso al centro di forti discussioni, potrebbe avere “facilmente” un risparmio fino al 20% rispetto ai volumi di acqua normalmente usati (dimostrato dai test realizzati).
Quindi una modalità di risparmio idrico già esiste ed è stata presentata proprio a Mantova, davanti ai consorzi irrigui, ANBI e autorità politiche…questa è una strada concreta, per esempio, da attuare quanto prima, lavorando contemporaneamente ad un ammodernamento generale dei sistemi attuali, alla luce delle evidenze rispetto i cambiamenti climatici.
Un’altra attività di risparmio idrico è dettata dalla possibilità, realizzabile a fine della prossima stagione irrigua, di fissare lo scarico del Garda dall’Edificio Regolatore (diga di Salionze) da subito al DMV (Deflusso Minimo Vitale) del Mincio, sugli 8-9 mc/s.
Per realizzare questo risparmio, senza contravvenire al D.Lgs 152/2006, la centrale A2A di Ponti sul Mincio dovrebbe o aprire il suo canale, scaricando le sue acque di raffreddamento nel Canale Virgilio (artificiale) per cederle poi più a valle nel Mincio naturale, quando ormai stemperate della temperatura necessaria a non infrangere detta legge, oppure convertendo (se possibile tecnicamente) il raffreddamento ad aria.
Queste azioni, possibili già dal prossimo anno, quindi CONCRETE e REALI, garantirebbero da un lato una quota di risparmio nell’utilizzo della risorsa idrica e dall’altro, un più efficace recupero dei volumi a fine della stagione irrigua, in vista della successiva.
Questo dovrebbe già innescare quel processo virtuoso, un vero primo passo di fatto per dare veramente valore ad ogni cm di volume idrico gardesano.
In questo modo si avvicinano i territori, senza il rischio di dividerli, cosa che succede quando si avanzano proposte azzardate, poco rispettose e senza base scientifica, come quella di utilizzare le acque dell’Adige per rimpinguare il deficit gardesano…proposta inutile e dannosa.
L’acqua del Garda si beve, ha caratteristiche di idro-potabilità che rendono questo lago qualcosa di unico e invidiato anche all’estero, come mi hanno riferito più volte ricercatori e scienziati durante i meeting e conferenze internazionali.
L’agricoltura, l’imprenditoria turistica, l’ambiente/ecosistema e la qualità/quantità idrica sono parti di una scacchiera che deve necessariamente stare in equilibrio, ridefinendosi alla luce delle evidenze che stiamo oggi vivendo.
Prima o poi, come detto, questa situazione passerà e non dovrà lasciare solo ferite aperte, ma la consapevolezza che siamo arrivati ad un bivio dove, per fortuna, la strada da intraprendere risulta incredibilmente chiara.
Il futuro è nella ricerca, nei dati e nelle evidenze scientifiche, attraverso le quali la politica può strutturare (finanziandolo) un cambiamento condiviso, senza psicosi né estremismi, senza strumentalizzazioni e divisioni ideologiche…sarà però la politica del territorio a dover fare la differenza a mio modo di vedere, partendo dal basso, senza aspettare per forza che siano altri a provvedere per noi.
Ognuno sia responsabile non solo per il proprio territorio, ma anche del sistema di cui fa parte, che è sempre parte della stessa scacchiera.