L’anima della Voga Veneta nel Lago di Garda
Quella che vedete non é semplicemente una barca che solca le acque del Lago di Garda, è parte della storia benacense.
Essa infatti affonda le sue radici nelle tradizioni gardesane, quelle più autentiche e antiche, ovvero quelle legate alla pesca.
La forma di questo “Gondolino Gardesano” evoca, in un certo senso, la forma e l’idea delle classiche barche da pesca in legno gardesane.
In tempi più recenti si è creato questo stampo in vetroresina, più performante di una barca tradizionale in legno, al fine di costruire imbarcazioni da competizione, tutte uguali per ovvi motivi, che hanno visto remare negli anni, centinaia di vogatori, tra il Lago di Garda e l’Iseo.
Questo sport é molto pesante sul piano fisico e mentale, perché tende a portarti, quando praticato con determinazione, al limite della resistenza.
Ti sfianca e ti impone di buttare, in un mix di forza esplosiva e resistenza, tutto te stesso in ogni singola remata…ti insegna a non mollare e a “darghene”.
Ma è proprio questa fatica che ti avvicina alla storia e alle radici delle usanze gardesane.
Perché?
Perché i veri pescatori del Lago di Garda, prima dell’avvento dei motori marini e reti di nylon, arrivati a cavallo degli anni ’50, avevano sempre lavorato remando, in piedi, trainando delle tirlindane dalla mattina alla sera per esempio, alla ricerca del Carpione, Luccio e Trota Lacustre; questo da metà ottocento in poi o calando e gestendo pesantissime reti in cotone o canapa con la sola forza delle mani e dei remi.
Non vi era caldo o freddo che potesse fare la differenza, perché la differenza la si poteva misurare solo con il poter guadagnare qualcosa da mangiare o meno.
La Voga Veneta è quindi tradizione del territorio, non solo sport fine a se stesso.
Questo é il suo grande fascino, a mio parere.
La voga mostra, nell’esecuzione del suo gesto motorio, un’eleganza particolare, dettata appunto da secoli di storia, in cui si specchia tutta quella fatica e determinazione sopra descritte.
Ed ecco che proprio questa remata, eseguita su imbarcazioni che richiamano quelle antiche dei pescatori gardesani, ci dovrebbe far ricordare i grandi sacrifici fatti in passato dai nostri nonni, bisnonni, trisavoli, ecc…
Questa secondo me è la magia nel praticare la Voga Veneta e questo lo posso dire serenamente e con convinzione, in quanto io stesso, per oltre dieci anni, ho messo tanto di me stesso vogando su queste imbarcazioni tra gare ed allenamenti, imparando anche ad amare ancora più a fondo il Lago di Garda.
Sono anche certo che la Voga Veneta mi abbia lasciato quel qualcosa in più che oggi comunico attraverso le mie conferenze e le azioni di divulgazione che faccio in vari modi, circa la tutela e la conoscenza di questo lago…
Lunga vita quindi alla Voga Veneta ed ai Gondolini Gardesani.
Ringrazio Massimiliano Cerizza per avermi concesso l’uso di questo suo scatto, realizzato al Porto Fornaci, davvero perfetto!!
Essa infatti affonda le sue radici nelle tradizioni gardesane, quelle più autentiche e antiche, ovvero quelle legate alla pesca.
La forma di questo “Gondolino Gardesano” evoca, in un certo senso, la forma e l’idea delle classiche barche da pesca in legno gardesane.
In tempi più recenti si è creato questo stampo in vetroresina, più performante di una barca tradizionale in legno, al fine di costruire imbarcazioni da competizione, tutte uguali per ovvi motivi, che hanno visto remare negli anni, centinaia di vogatori, tra il Lago di Garda e l’Iseo.
Questo sport é molto pesante sul piano fisico e mentale, perché tende a portarti, quando praticato con determinazione, al limite della resistenza.
Ti sfianca e ti impone di buttare, in un mix di forza esplosiva e resistenza, tutto te stesso in ogni singola remata…ti insegna a non mollare e a “darghene”.
Ma è proprio questa fatica che ti avvicina alla storia e alle radici delle usanze gardesane.
Perché?
Perché i veri pescatori del Lago di Garda, prima dell’avvento dei motori marini e reti di nylon, arrivati a cavallo degli anni ’50, avevano sempre lavorato remando, in piedi, trainando delle tirlindane dalla mattina alla sera per esempio, alla ricerca del Carpione, Luccio e Trota Lacustre; questo da metà ottocento in poi o calando e gestendo pesantissime reti in cotone o canapa con la sola forza delle mani e dei remi.
Non vi era caldo o freddo che potesse fare la differenza, perché la differenza la si poteva misurare solo con il poter guadagnare qualcosa da mangiare o meno.
La Voga Veneta è quindi tradizione del territorio, non solo sport fine a se stesso.
Questo é il suo grande fascino, a mio parere.
La voga mostra, nell’esecuzione del suo gesto motorio, un’eleganza particolare, dettata appunto da secoli di storia, in cui si specchia tutta quella fatica e determinazione sopra descritte.
Ed ecco che proprio questa remata, eseguita su imbarcazioni che richiamano quelle antiche dei pescatori gardesani, ci dovrebbe far ricordare i grandi sacrifici fatti in passato dai nostri nonni, bisnonni, trisavoli, ecc…
Questa secondo me è la magia nel praticare la Voga Veneta e questo lo posso dire serenamente e con convinzione, in quanto io stesso, per oltre dieci anni, ho messo tanto di me stesso vogando su queste imbarcazioni tra gare ed allenamenti, imparando anche ad amare ancora più a fondo il Lago di Garda.
Sono anche certo che la Voga Veneta mi abbia lasciato quel qualcosa in più che oggi comunico attraverso le mie conferenze e le azioni di divulgazione che faccio in vari modi, circa la tutela e la conoscenza di questo lago…
Lunga vita quindi alla Voga Veneta ed ai Gondolini Gardesani.
Ringrazio Massimiliano Cerizza per avermi concesso l’uso di questo suo scatto, realizzato al Porto Fornaci, davvero perfetto!!