Il Luccio nel Lago di Garda quando ancora esprimeva le sue caratteristiche originali

Il Luccio nel Lago di Garda quando ancora esprimeva le sue caratteristiche originali
Un Luccio di 162 anni?
Stando al testo del Canestrini, “Fauna d’Italia”, fu pescato nel Fiume Mosa nel 1610, datato grazie ad un anello identificativo con incisa la data del 1448.
E uno di 267 anni?
E’ citato nel testo “Historiae Animalium” del 1560.
Era il 1497 quando in uno stagno vicino a Mannheim fu pescato un Luccio con un anello riportante: “Io sono il pesce che per primo fu posto in questo lago da Federico II (Imperatore del Sacro Romano Impero) il 5 ottobre del 1230”.
Rileggendo in questi giorni il Benaco di Floreste Malfer mi sono imbattuto anche su queste curiose e per me assolutamente nuove notizie, da lui riportate, parlando appunto del Luccio.
Ma più che su questo, mi sono soffermato su alcuni dati, riportati in questo testo e nelle didascalie a piè pagina, ovvero l’equilibrio e la coesistenza del Luccio, Trota Lacustre e Carpione, come specie predatrici, in un momento in cui il Garda esprimeva ancora le sue caratteristiche naturali nel modo probabilmente più vicino al suo stato originario.
Parliamo quindi di metà ottocento, ovvero anno dell’arrivo sul Garda della Tirlindana, un sistema di pesca a “traina” che aumentò molto il prelievo delle specie sopra descritte.
Perché quindi questo approfondimento?
Semplice…per provare a capire qualcosa in più di quello che poteva essere l’originario equilibrio dell’ittiofauna gardesana e la coesistenza tra specie.
Non immaginavo una quantità di pescato simile per il Luccio…per esempio nel 1860, su uno dei “monti” tra S.Vigilio e Sirmione, un “Sardenàr” di Garda, con una singola retata ne prese 4 quinali, mentre oltre 100 capi riuscirono a scappare dalla rete prima d’essere issata in barca.
Nei primi anni dell’introduzione della Tirlindana se ne pescavano frequentemente uno o due quintali a settimana per barca…e anche la quantità del prelievo di Trote e Carpioni aumentò, in quanto la Tirlindana poteva scendere agevolmente in profondità, la dove le reti di allora stentavano in efficacia.
Questo dato credo possa considerarsi indicatore della grande presenza del Luccio, che evidentemente non era ostacolante alla grande presenza allora sia di Trote Lacustri che di Carpioni, come delle altre specie non al vertice della catena alimentare.
Il dato più vecchio “ufficiale” sulla pesca nel Garda riporta l’anno 1887, identificando un prelievo di 28 ton di Trota Lacustre, 20 ton di Carpione, 18 ton di Luccio, 60 ton di Alosa, 50 ton di Alborelle, 50 ton di Anguilla, ecc..
Tutto ciò mi fa capire come avesse ragione Enzo Oppi, grande ittiologo che studiò a fondo l’ittiofauna del Garda, nell’affermare che il Luccio non è un distruttore di ecosistemi, ma anzi, cibandosi spesso di pesce malato o malformato, svolge un ruolo importante in un ecosistema, incrementando e non deprimendo la produzione negli ambienti che popola e questo penso sia un concetto su cui ragionare.
Quel che è certo è la difficoltà nel “riequilibrare” un ecosistema quando compromesso, tanto che mi rendo sempre più conto che i fattori da considerare siano talmente tanti e mutevoli, da rendere questo obiettivo arduo.
Allora forse è utile aiutare a conoscere la storia del Garda per farsi un’idea, almeno di massima, di quali fossero gli equilibri presenti e di quale potesse essere la presenza ittica che il Garda poteva sostenere.
Del resto serve sempre un punto di riferimento da cui partire per un paragone o un ragionamento.
Come sempre scrivo per far sì che chi interessato e magari più competente di me sull’ittiofauna gardesan possa magari trovare spunto per riflessioni più tecniche e scientifiche a partire da questi dati.
Mentre mi auguro che coloro che si sono appassionati al Lago attraverso i miei scritti possano essere sempre più critici e attenti alla situazione gardesana e così al suo futuro.